Soffri di reflusso? Non basta la gastroscopia: ecco gli esami del sangue che devi fare

Chi soffre di reflusso gastroesofageo spesso si sottopone alla gastroscopia, l’esame che consente di valutare direttamente lo stato di esofago, stomaco e duodeno. Tuttavia, la gastroscopia da sola può non essere sufficiente a fornire una diagnosi completa oppure a escludere eventuali complicanze legate al reflusso cronico. In questi casi, è fondamentale considerare una serie di esami del sangue che, abbinati agli accertamenti strumentali, permettono una valutazione più approfondita del quadro clinico e la scelta della terapia più efficace.

Quando la gastroscopia non basta: il ruolo degli esami ematici

La gastroscopia è senza dubbio lo strumento diagnostico di riferimento quando si sospetta una patologia a carico dello stomaco o dell’esofago: consente infatti la visualizzazione diretta delle mucose, la rilevazione di ulcere, erosioni, esofagite e alterazioni precancerose come l’esofago di Barrett. Tuttavia, questo esame restituisce solo una “fotografia” dello stato attuale della mucosa e non fornisce altre informazioni sistemiche, ad esempio sulla presenza di possibili complicanze non ancora macroscopicamente evidenti, come l’anemia o alterazioni metaboliche dovute a infiammazioni croniche.

Per questo motivo, il gastroenterologo può richiedere alcuni specifici esami del sangue, soprattutto quando il quadro clinico è complesso, il paziente non risponde alle terapie standard o sono presenti sintomi d’allarme come perdita di peso, emorragie occulte o alterazioni generali dello stato di salute.
Tra le principali motivazioni che spingono verso l’esecuzione di analisi ematiche si possono citare:

  • Ricerca di complicanze come anemia da carenza di ferro dovuta a microperdite croniche dalla mucosa esofagea o gastrica.
  • Individuazione di infezioni concomitanti o infiammazioni sistemiche che potrebbero aggravare il quadro del reflusso.
  • Esclusione di patologie sottostanti che presentano sintomi simili al reflusso, come intolleranze alimentari, malattie autoimmuni o condizioni metaboliche.

Quali esami del sangue richiedere in caso di reflusso

La scelta degli esami ematici dipende dalla storia clinica individuale e dall’eventuale sospetto di complicanze, ma generalmente l’approccio prevede un pannello base che può essere esteso in caso di risultati alterati.

Emocromo completo

L’emocromo completo è il primo esame da effettuare: rileva il numero e la qualità di tutte le principali cellule presenti nel sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine). L’attenzione in particolare si focalizza su:

  • Globuli rossi: una loro diminuzione può suggerire anemia, spesso determinata da microperdite croniche causate da lesioni esofagee in caso di reflusso grave o non controllato.
  • Emoglobina: valori bassi rafforzano il sospetto di anemia da carenza marziale.
  • Ematocrito: percentuale di globuli rossi sul volume di sangue; un valore diminuito è ulteriore segnale di anemia.
  • Globuli bianchi: un aumento può indicare la presenza di infiammazione o infezione.
  • Piastrine: alterazioni possono essere il segnale di problematiche legate alla coagulazione e devono essere ulteriormente investigate.

Questo esame aiuta a valutare anche eventuali effetti collaterali dei farmaci utilizzati per il trattamento del reflusso che, a lungo termine, potrebbero impattare sulla crasi ematica.

Dosaggio del ferro e degli indicatori di riserva marziale

Il reflusso grave, soprattutto se associato a erosioni o sanguinamenti occultati, può portare ad anemia sideropenica (da carenza di ferro). In questo caso, il medico prescrive:

  • sideremia
  • ferritina
  • transferrina

Questi parametri permettono di distinguere tra una semplice anemia e una anemia provocata da deficit di deposito di ferro, tipica delle perdite croniche gastrointestinali.

Parametri infiammatori e ricerca di infezioni

In presenza di sintomi persistenti o invalidanti, può essere opportuno dosare:

  • VES (velocità di eritrosedimentazione)
  • Proteina C reattiva (PCR)

Valori elevati suggeriscono stato infiammatorio sistemico. Al contempo, la ricerca di anticorpi anti-Helicobacter pylori può essere rilevante, poiché questa infezione dello stomaco favorisce la comparsa di gastriti croniche che si sovrappongono al reflusso aggravandolo.

Dosaggio della vitamina B12 e acido folico

In pazienti con reflusso cronico e sintomi secondari come stanchezza persistente, formicolii o altri disturbi riconducibili a deficit vitaminici, il dosaggio di vitamina B12 e acido folico è utile per escludere anemie di tipo megaloblastico legate a malassorbimento o alterato patrimonio gastrico.

Test della funzione epatica e renale

Sebbene non direttamente correlati al reflusso, è importante valutare la funzionalità epatica ed eventualmente renale, soprattutto in pazienti che assumono molteplici farmaci o in cui si sospetti una condizione sistemica associata.

Gli esami della creatinina, transaminasi, GOT, GPT, gamma-GT permettono di inquadrare eventuali cause extradigestive di sintomi gastrointestinali.

Test della gastrinemia

La gastrinemia misura la concentrazione nel sangue dell’ormone gastrina, che stimola la secrezione di acido gastrico. Un suo innalzamento è tipico in alcune condizioni che accentuano il danno da reflusso, quali la iperacidità gastrica o, più raramente, la presenza di gastrinomi.

Quali sono gli altri esami di secondo livello?

Quando i sintomi non trovano riscontro nella gastroscopia e negli esami ematici o quando la risposta alla terapia farmacologica (ad esempio con inibitori della pompa protonica) è solo parziale, il percorso diagnostico prevede:

  • pH-metria delle 24 ore: utile a quantificare esattamente il numero e la gravità degli episodi di reflusso acido.
  • pH-impedenziometria: riesce a identificare anche i reflussi non acidi, molto importanti nei casi con sintomatologia atipica.
  • Manometria esofagea: valuta la motilità e il funzionamento del cardias e dell’esofago, utilissima in presenza di disfagia o sospetto di patologie motore dell’esofago.

Questi esami strumentali sono spesso prescritti dal gastroenterologo quando le indagini di base non sono chiarificanti o quando si sospetta la presenza di complicanze rare o la coesistenza di patologie funzionali dell’esofago.

L’importanza dell’approccio integrato: personalizzare la diagnosi

I parametri ematochimici rappresentano uno strumento essenziale per comprendere non solo la severità del reflusso ma anche il suo impatto sull’intero organismo. Un percorso diagnostico integrato che combini dati ematici, gastroscopia ed eventuali esami strumentali avanzati consente di:

  • Individuare precocemente complicanze come anemia o alterazioni elettrolitiche.
  • Adottare una strategia terapeutica personalizzata in base al profilo del paziente e alle eventuali patologie associate.
  • Monitorare nel tempo la risposta alle terapie farmacologiche e la comparsa di eventuali effetti collaterali.

Nella gestione delle forme più complicate di reflusso, la collaborazione tra paziente e specialista e l’attenzione a un eventuale coinvolgimento sistemico rappresentano la chiave per la prevenzione delle complicanze più gravi e per il mantenimento di una buona qualità della vita.

Conclusioni e consigli pratici

Affidarsi solo alla gastroscopia potrebbe non essere sufficiente per chi soffre di reflusso da molto tempo o in maniera ricorrente: integrare la diagnostica ematica permette di intercettare problematiche nascoste e monitorare adeguatamente l’andamento della patologia, offrendo così al paziente il percorso più sicuro ed efficace. In caso di sintomi persistenti, nuovi o di peggioramento, è importante rivolgersi sempre al proprio medico curante o a un gastroenterologo per l’impostazione di una strategia diagnostico-terapeutica su misura.

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